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Pallanuoto in lutto E' morto Gildo Arena

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L' inventore della beduina, oro olimpico a Londra '48, è mancato stamattina. Barelli: "Purtroppo ha solo assaporato la gioia del vitalizio. Perdiamo una leggenda del nostro mondo". Domani i funerali a Napoli

ROMA
A sette giorni dall'attribuzione del vitalizio per meriti sportivi, fortemente voluta dal Sottosegretario al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, On. Mario Pescante, e dal Presidente della Federazione Italiana Nuoto, Sen. Paolo Barelli, questa mattina è venuto a mancare Ermenegildo Arena, indimenticabile pioniere della pallanuoto che venerdì 25 febbraio avrebbe compiuto 84 anni.
Da tempo malato, afflitto dal morbo di alzheimer, "Gildo" era sostenuto dalla Rari Nantes Napoli, dal Circolo Canottieri Savoia e dal Circolo Nautico Posillipo, ed era accudito dalla signora Annamaria Sorrentino che ne aveva cura da oltre 35 anni "prima a Santa Lucia, il suo quartiere, poi a Castel Volturno, dove ci siamo trasferiti quando ci hanno sfrattato - racconta - L'importante comunque era che Gildo vedesse il mare, la sua vita".
Il Presidente Paolo Barelli si è impegnato molto insieme al Sottosegretario Mario Pescante per l'attribuzione del vitalizio di 15.000 euro annui a favore degli indimenticabili atleti in stato di indigenza (legge Bacchelli, poi Giulio Onesti; art. 2 della legge 15 aprile 2003 n. 86), e in particolar modo per Gildo Arena, icona della pallanuoto italiana e non. "Purtroppo nonostante i nostri sforzi siamo arrivati tardi, Gildo ha potuto solo assaporare la gioia del vitalizio, ma non ha potuto beneficiarne - spiega il Senatore Barelli - Con Arena perdiamo un atleta leggendario che ha scritto pagine di storia indimenticabili, dall'oro olimpico conquistato a Londra che ha strappato il primo applauso della Corona all'Italia del dopoguerra, al mitico "Settebello", nato dalle partite a scopa tra Arena, Emilio Bulgarelli e Pasquale Buonocore che riempivano i ritiri in azzurro". "La Federazione - continua Barelli - vive commossa queste ore e abbraccia l'intero movimento che osserverà un minuto di raccoglimento in memoria del campione sabato e domenica su tutti i campi di gara".
Gildo Arena, premiato con la "Calottina d'Oro" nel 2000, è stato pioniere e genio della pallanuoto, autore di colpi dalla grande tecnica e fantasia come la beduina, una sua creazione di cui raccontava: "In verità non inventai del tutto quel movimento, qualcuno lo eseguiva con il braccio in posizione orizzontale, io invece provai a farla dal basso verso l'alto con le spalle alla porta: ne nacque un tiro imprevedibile e spettacolare".
A Gildo Arena sono legate pagine indimenticabili della pallanuoto italiana. Su tutte l'oro olimpico conquistato a Londra, nel 1948. Il primo.
"Sul podio - ricordava Arena che allora giocava nella Lazio e realizzò con una beduina il 4-3 raccontato agli italiani da Nicolò Carosio - non riuscivo a trattenere le lacrime per la commozione. Non avevamo solo vinto le Olimpiadi, ma eravamo investiti dagli applausi degli odiati inglesi con la nostra bandiera che dominava Londra. Che orgoglio". A quell'oro, Arena avvicinò in bacheca un oro e un bronzo ai Campionati Europei e sei scudetti: con la Rari Nantes Napoli nel 1939, ’41, ’42, ’49 e ’50 e con la Canottieri Napoli nel 1951; titoli che furono il corollario di una carriera iniziata in età verdissima.
Figlio di un gioielliere e terzo di quattro fratelli, Arena provò l'ebbrezza dell'acqua a sette anni. Poco dopo era tra i giovani nuotatori più veloci di Napoli (sarà campione italiano assoluto nei 100 sl nel 1945 e 1946, nei 200 sl nel 1941 e 1946 e con la staffetta 4x200 nel 1951 e 1952), prossimo all'incontro con Bandy Zolyomy che ne avrebbe cambiato la vita. L'allenatore ungherese lo portò a giocare nel mare magiaro per insegnargli tecnica e tattica; quando tornò in Italia Gildo Arena era già una leggenda. La leggenda della pallanuoto, allora giocata in mare, nel porticciolo del Molosiglio che rese memorabile.
Oggi la sua scomparsa, nella villetta di Castelvolturno. Domani, alle 11, la pallanuoto ne celebrerà i funerali presso la Chiesa di Santa Lucia, nella sua Napoli.